Sicurezza sul lavoro - Edilizia
LE AVVENTURE DELLA FRECCIA ROSSA #2
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La notte della Diaz
di Piero Ricca
Dopo sette anni, nessuna giustizia. L'esito del processo di primo grado per gli abusi alla scuola Diaz durante il G8 di Genova ha deluso profondamente chi esige verità e giustizia sulle responsabilità dei dirigenti della polizia in servizio durante la notte della “macelleria messicana”, e dei loro protettori.
Dei 29 imputati solo 13 sono stati condannati, tutti destinati alla prescrizione in appello. Tra questi un solo dirigente: Vincenzo Canterini. L'accusa aveva chiesto condanne per complessivi 108 anni di reclusione; il Tribunale ha inflitto pene per 35 anni e 7 mesi, dei quali 32 anni e 6 mesi condonati. Anche con riferimento agli abusi alla Diaz, Amnesty International ha parlato della “più grave violazione dei diritti umani in Europa dal dopoguerra a oggi”. Una ferita che né a livello istituzionale né a livello giudiziario lo Stato italiano ha saputo rimarginare.
Ricordiamo i fatti. È la notte fra il 21 e il 22 luglio 2001. Il summit degli otto capi di governo si è concluso. Sulle strade di Genova sono ancora ben visibili i segni di due giorni di battaglia, con i black block padroni incontrastati e le forze dell'ordine con licenza di manganellare. Due scuole, la Diaz e la Pertini, in quei giorni ospitano i manifestanti e fungono da media center dei movimenti. Nel pomeriggio gira la voce che in quelle scuole sia presente un gruppo di black block e che una pattuglia sia stata colpita dal lancio di oggetti contundenti dalle finestre. È il motivo ufficiale per l'assalto notturno. 300 agenti fanno irruzione alla scuola Diaz, dove sono presenti 93 persone, quasi tutte colte nel sonno. Il pestaggio è brutale, accanito. 82 ragazzi rimangono feriti, 63 sono ricoverati in prognosi riservata. Tutti vengono tratti in arresto. Un comunicato ufficiale della polizia e il verbale di perquisizione giustificano l'operazione con prove false, tra le quali il ritrovamento di alcune bombe molotov. Si scoprirà che le avevano portate uomini in divisa. Ma i firmatari di quel verbale sono stati assolti.
Dopo sette anni di indagini e tre di processo, l'avvocato Gilberto Pagani, difensore di alcune delle vittime, non nasconde lo sconforto: “Di fronte all'impunità dei responsabili istituzionali di quegli abusi, vacilla la residua fiducia nelle istituzioni democratiche”. Il suo ragionamento si articola in tre punti chiave: le prove c'erano, numerose e pesanti, inspiegabilmente il Tribunale non le ha prese in considerazione; i vertici della polizia hanno sabotato l'inchiesta in ogni modo, nel silenzio e con la complicità della politica; l'impunità dei responsabili dei misfatti di Genova è tra le più gravi ipoteche sullo Stato di diritto del nostro Paese.
“Questa sentenza è una vergogna”, ha commentato a caldo Vittorio Agnoletto, ora parlamentare europeo, all'epoca portavoce del Genoa Social Forum, “oggi è uno dei giorni più tristi della storia della Repubblica. Chi era ai vertici dell'ordine pubblico, chi ha firmato dichiarazioni false, chi ha simulato reati ha vinto”. Di umor nero anche uno dei pubblici ministeri, Enrico Zucca: “Dalla polizia non è arrivata nessuna collaborazione, qui tutti hanno detto di essere stati ingannati, ma non si capisce chi furono gli ingannatori”. Di parere opposto, ovviamente, gli esponenti del centrodestra. Casini: “Il tentativo di criminalizzare i vertici delle forze dell'ordine si è rivelato una persecuzione”. La Russa: “È finalmente caduto il teorema del complotto organizzato”. Mantovano: “Gli italiani hanno tutti gli elementi per continuare a nutrire piena fiducia nella polizia”.
Il Capo della Polizia Antonio Manganelli ha recentemente promesso di fare chiarezza sui fatti di Genova nelle sedi istituzionali. Segno che nemmeno lui ritiene chiusa la vicenda. Vedremo se e come risponderà alle domande che gravano sulla coscienza di ogni cittadino di spirito democratico. E cioè, chi diede gli ordini e per quali motivi? Perché non è stato avviato alcun procedimento disciplinare nei confronti dei dirigenti in servizio a Genova? Perché i vertici della polizia non hanno collaborato alle indagini? Sono le domande alle quali il suo predecessore Gianni De Gennaro non ha mai voluto rispondere. Ora è a capo dei servizi segreti.
“Uno Stato che vessa e maltratta le persone private della libertà non è uno Stato democratico. Una polizia che usa la forza non per impedire reati, ma per commetterne, non può essere considerata forza dell'ordine. Fatti di questo genere distruggono la credibilità delle istituzioni più di tanti insuccessi dei poteri pubblici”
Valerio Onida, ex presidente della Corte costituzionale
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